Lo scorso week end siamo andati alla scoperta di una delle eccellenze della nostra tradizione culinaria: il Parmigiano Reggiano.
Un alimento unico che vanta il marchio DOP (Denominazione di Origine Protetta), una denominazione per indicare un prodotto tipico italiano di alta qualità, la cui zona di origine e le tradizioni utilizzate tutt’ora per produrlo lo rendono così peculiare da doverlo salvaguardare da contraffazioni.
Noi abbiamo avuto il piacere di visitare il caseificio Bazzanese a Valsamoggia (BO), a circa 40 minuti di auto dal centro di Bologna. Prendere parte alla visita di un caseificio del consorzio del Parmigiano Reggiano è un vero e proprio viaggio sensoriale alla scoperta delle origini del formaggio più conosciuto al mondo.
Gli ingredienti sono solo 3 e tutti naturali: latte, sale e caglio. Aggiungi passione, esperienza, cura e attesa paziente ed ecco il risultato: un prodotto unico che racconta la storia di un territorio e di una comunità. Infatti l’autenticità del Parmigiano Reggiano è data dal fatto che la produzione avviene in una zona ben circoscritta di Italia: nelle province di Reggio Emilia, Modena, Parma, Bologna a sinistra del fiume Reno e Mantova a destra del fiume Po.
La qualità del prodotto finito non è data solo dagli ingredienti, inizia ancora prima, dall’alimentazione delle bovine che avviene con foraggi prodotti nella stessa zona. Inoltre sono vietati foraggi insilati, alimenti fermentati e farine di origine animale.
PARMIGIANO REGGIANO COINVOLGE TUTTI I SENSI
Vista Assistere a tutte le fasi di lavorazione da vicino, vedere come esperti casari con padronanza e maestria attraverso azioni precise e sicure ottengono le forme perfette, è semplicemente incredibile. Tutto avviene manualmente, non ci sarà mai nessuna macchina in grado di realizzare il Parmigiano Reggiano e riprodurre l’esperienza decennale del casaro.
Udito Ascoltare i racconti di come vengono svolti i processi, i passaggi che si ripetono quotidianamente per 365 giorni all’anno di produzione, volti a realizzare la forma perfetta, ci ha fatto capire l’immensa passione che c’è dietro a un prodotto rinomato in tutto il mondo. Ci siamo resi conto di come tante volte al supermercato scegliamo un alimento piuttosto che un altro, senza sapere come è arrivato sullo scaffale. Poter vedere la nascita di un prodotto così autentico, fatto con così tanto impegno e dedizione, ci rende consumatori consapevoli e questo è qualcosa dal valore inestimabile.
Tutte le mattine arriva il latte fresco che viene unito a quello della sera precedente. Oltre mille litri vanno a riempire le singole caldaie di rame dalla forma di una campana rovesciata. Dalla lavorazione di ogni vasca si ottengono due forme (circa 550 litri di latte per ognuna).
Al latte vengono aggiunti il secondo ingrediente, il caglio e il siero innesto ottenuto dalla lavorazione del giorno precedente. Quest’ultimo fa sì che si avvii il processo di fermentazione, un fenomeno che permette al latte di coagularsi e trasformarsi lentamente e naturalemente in formaggio. Qui entra in scena un antico attrezzo, lo spino che, sapientemente movimentato dal casaro, frammenta la cagliata in granuli più piccoli.
Inizia così la cottura con una temperatura che raggiunge i 55 gradi centigradi.
Tatto Durante la cottura, il casaro immerge spesso la mano per constatare personalmente lo stato di cottura e ottenere così la cagliata perfetta.
Al termine i granuli caseosi si depositano sul fondo della caldaia formando un’unica grande massa dalla quale si otterranno le due forme dopo un riposto di circa cinquanta minuti. Non si butta via niente, con il siero infatti si fa la ricotta aggiungendo solamente panna e sale.
Il casaro armato di un coltello con una lunga e spessa lama, taglia la massa in due parti uguali e le avvolge nella tipica tela di lino. Per dare la forma definitiva, il formaggio viene messo in una fascera, come una sorta di stampo.
Nessuna forma rimane anonima. Su ognuna infatti viene messa una targhetta di caseina con un codice alfanumerico unico e progressivo che rende possibile la tracciabilità del prodotto finito in ogni momento.
La forma riporta sulla crosta altre informazioni importanti come il mese e l’anno di produzione, il numero di matricola che identifica il caseificio e gli inconfondibili puntini che vengono impressi lungo tutta la circonferenza.
Dopo qualche giorno dalla realizzazione della forme, viene aggiunto il terzo e ultimo ingrediente, il sale. Ebbene la salatura avviene per osmosi, immergendo la forma in una soluzione di acqua e sale per diversi giorni. Per questo motivo la crosta è la parte del formaggio più saporita, pensate che ci vogliono circa 10 mesi per permettere al sale di raggiungere il centro della forma.
Con quest’ultimo passaggio si conclude il ciclo di produzione del Parmigiano Reggiano e inizia il periodo di stagionatura.
I magazzini di stagionatura sono dei veri e propri caveau che custodiscono questo tesoro, qui le forme riposano in attesa della propria maturazione che va da un minimo di 12 fino a 40 mesi e oltre. Le forme non vengono mai lasciate a se’ stesse, fino al compimento del primo traguardo di stagionatura (12 mesi) vengono quotidianamente controllate dai casari. Se pur tutte le fasi di lavorazione avvengano quotidianamente allo stesso modo, durante la fermentazione possono verificarsi delle alterazioni che vanno a compromettere la qualità del prodotto, creando dei difetti. Viene usato un martelletto speciale che picchiettato sulla grande forma (pesa circa 44 chili!) deve riportare un suono omogeneo e compatto in tutti i punti. Solo una forma priva di difetti diventerà Parmigiano Reggiano di prima scelta. Se di seconda o terza scelta, prenderà strade diverse come formaggio grattugiato in busta o in preparati alimentari.
A conclusione della visita avviene la degustazione per scoprire le differenze tra le diverse stagionature.
Olfatto per apprezzarne a pieno tutte le note di sapore, prima di portarlo alla bocca, spezzando la porzione di Parmigiano Reggiano in due pezzi più piccoli si può godere anche del profumo che sprigiona.
Gusto Inutile dirlo, una volta in bocca, avviene un’esplosione di sapori. A seconda della stagionatura si passa dal gusto delicato e fresco del 12 mesi fino ad arrivare al sapore pungente del 36 mesi passando per quello deciso del 24 mesi.
PRENOTARE UNA VISITA IN UN CASEIFICIO PARMIGIANO REGGIANO
La visita di un caseificio è un’esperienza da vivere con tutta la famiglia. I più piccoli saranno incuriositi da tutte le fasi raccontate con parole semplici e stuzzicati fin da subito dalla guida che chiede loro di ritrovare tre parole durante la visita: caglio, spino e salamoia. I più grandi seguono affascinati tutto il viaggio di produzione che realizza un prodotto eccellente e da sempre presente nelle nostre tavole.
La visita dura circa un paio d’ore e si svolge per lo più nell’unico ambiente dove sono presenti le grandi vasche per poi spostarsi nelle stanze accanto e infine all’esterno per la degustazione. Trattandosi di una giornata produttiva a tutti gli effetti e non di una semplice dimostrazione, occorre presentarsi presso il caseificio molto presto in modo che alle 8 all’arrivo del latte fresco possa iniziare la produzione senza perdere tempo prezioso.
É possibile prenotare la propria visita direttamente QUI, basta scegliere uno degli oltre 300 caseifici in elenco.
UN WEEK END A BOLOGNA
Visto che la visita al caseificio ha inizio molto presto, ha senso pensare di pernottare nella città di riferimento, a Bologna come nel nostro caso.
Noi eravamo ospiti presso il Best Western Hotel San Donato situato in una posizione strategica per scoprire la città in quanto è collocato proprio nel centro storico, a pochi minuti a piedi da Piazza Maggiore. Ed è proprio da qui che può iniziare un tour a piedi, partendo dalla piazza principale, sempre affollata di pedoni e circondata da imponenti edifici rinascimentali, come la maestosa Basilica di San Petronio e Palazzo dei Banchi. Impossibile non notare la Fontana del Nettuno, uno dei monumenti più iconici della città. Sul lato meridionale di Piazza Maggiore sorge la Basilica di San Petronio, la sesta chiesa cristiana più grande d’Europa. Dirigetevi verso la Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, la biblioteca civica più importante d’Italia. Prima però fate il sottopasso di Palazzo Re Enzo e fermatevi al Voltone del Podestà, quattro pilastri che vanno a formare quattro angoli. Grazie alla sua struttura architettonica si crea un curioso effetto acustico. Mettetevi faccia contro il muro nei due angoli opposti, provate a parlare e.. scoprite cosa accade!
La Basilica di Santo Stefano è un insieme di edifici sacri che formano il più noto complesso delle Sette Chiese. Nella Piazza ci sono tantissimi locali dove fermarsi per un aperitivo o semplicemente bere qualcosa nel tardo pomeriggio. L’antico mercato del Quadrilatero, è un luogo davvero caratteristico, ideale per chi ama perdersi tra i sapori autentici di botteghe che hanno sfamato generazioni di bolognesi. E poi tante altre tappe imperdibili come i canali e la finestrella che si trova a Via Piella, la Pinacoteca Nazionale, i famosi Portici, 40 km di lunghezza recentemente dichiarati Patrimonio dell’Umanità UNESCO.
A questo punto non vi resta che scegliere una delle tante trattorie tipiche per assaggiare i piatti locali. Noi abbiamo cenato presso Vicolo Colombina, proprio dietro Piazza Maggiore con un antipasto a base di salumi con l’immancabile mortadella, un tortino su fonduta di formaggio e un piatto di tagliatelle al ragù.
E se ancora non vi sentite sazi, a pochi chilometri dal centro di Bologna sorge Fico Eataly World, il parco tematico del cibo dove trovare tutte le grandi aziende italiane. All’ingresso appare come una sorta di grande fattoria con tanti animali, ogni specie nella propria recinzione. All’esterno ci sono diversi spazi organizzati come il frutteto e il vigneto, mentre all’interno è possibile seguire corsi, visitare le fabbriche, un mini golf, giochi e percorsi per i più piccoli e tanto altro ancora. Noi abbiamo pranzato al ristorante di Parmigiano Reggiano con un menù ricco di pietanze esaltate dal sapore unico e inconfondibile di questo formaggio.